Recently there was much coverage of the visit to Italy of Xi Jinping and the execution of a Memorandum of Understanding between the two countries that appeared to some to signal a new relationship between Italy and China (English language coverage here, here, here, here, and here). This move, in turn, had some people worrying about the possibility that Italy was now moving into the orbit of the Chinese economic empire usually denominated as the Belt and Road Initiative.
Of course, hysteria of that sort plays well in the management of the masses in all countries concerned. But as Flora Sapio suggests, in a essay recently published (in Italian), La Querelle sull’Italia nella Nuova Via della Seta. Cronaca di Un’Adesione Annunciata… 40 anni fa ["The Family Fight About Italy in the New Silk Road: A Chronicle of an Agreement Announced ... 40 years ago"], that the realities of Chinese trade with Italy specifically, and Europe in general is a far more complicated and nuanced affair. The question isn't so much about trade, but about both the structures within which trade occurs and the discourse within with its principles are developed and applied. And, indeed, it is only then that one might be able to speak to trade as a political, social, and moral enterprise. These are tasks that await us all even as the two largest economies of Earth work diligently to makes facts on the ground with respect to all of this, and the rest of us struggle to catch up.
I have reposted the original essay (Italian) along with my crude English translation below. The original may be accessed HERE.
La Querelle sull’Italia nella Nuova Via della Seta. Cronaca di Un’Adesione Annunciata… 40 anni fa
Flora Sapio:
Le visite in Italia di alte personalità politiche della Repubblica Popolare Cinese non sono una novità. Pur senza voler rievocare la lunga storia dei rapporti commerciali tra l’Italia e la Cina, la storia più recente vede i due paesi legati a doppio filo da circa quarant’anni. Nell’aprile del 1978 l’allora Comunità Economica Europea firmava il suo primo accordo con la Repubblica Popolare Cinese. Dopo pochi mesi l’Italia concludeva un proprio accordo culturale con la Cina.
Dopo le visite di Hua Guofeng nel 1979 e di Zhao Ziyang nel 1984, proprio nel 1987 Li Xiannian – allora membro del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese – si recava in visita a Venezia, dove ammirava la casa di Marco Polo. La visita era compiuta in concomitanza con l’entrata in vigore del trattato bilaterale di investimento tra Italia e Cina (BIT) concluso due anni prima. A questa visita avrebbero fatto seguito le visite di Jiang Zemin e Hu Jintao – entrambi segretari generali del Partito, nonché Presidenti della Repubblica Popolare Cinese – che vedevano la conclusione di una serie di accordi volti a incrementare il commercio e gli investimenti tra i due paesi.
Nondimeno le visite di Li Xiannian, Jiang Zemin e Hu Jintao non hanno suscitato tanto scalpore quanto è stato, invece, per la visita del Presidente Xi Jinping, tenutasi a Roma e a Palermo dal 21 al 26 marzo scorso. La visita di Xi ha attratto una quantità e varietà di commenti, editoriali, interviste, analisi e pezzi di opinione senza precedenti.
L’occasione immediata per la nascita di un dibattito pubblico sui rapporti tra Italia e Cina è stata fornita dall’ingresso formale del nostro paese nella Nuova Via della Seta, sancito dalla firma di un Memorandum di Intesa.
Presentare un quadro puntuale di ciascuna delle opinioni e delle analisi sull’adesione dell’Italia alla One Road one Belt (OBOR) è impresa ardua, e non è questa l’occasione per farlo. Ma non sembra esagerato affermare che sulla firma del Memorandum di Intesa si è scatenata una vera e propria querelle.
Alle posizioni di quanti hanno sottolineato gli aspetti obiettivamente vantaggiosi dell’adesione italiana alla Nuova Via della Seta sono stati contrapposti timori, scetticismi e incertezze. Più importante delle specifiche posizioni espresse nel corso del dibattito è stato l’emergere di orientamenti divergenti. Definire questi orientamenti sulla base delle categorie “pro-Cina” o “anti-Cina” non è corretto in un panorama socio-politico come quello italiano, ove l’esistenza di opinioni talvolta speculari non gioca la stessa funzione riscontrabile in altri contesti socio-politici.
Le opinioni e le vedute più ottimiste hanno posto in risalto come l’adesione dell’Italia alla Nuova Via della Seta aprirà ulteriormente il secondo mercato più grande del mondo all’export italiano, fornendo anche l’occasione di nuovi scambi accademici, culturali e artistici. Le posizioni maggiormente scettiche hanno paventato timori di squilibri nella bilancia commerciale, di un potenziale ed eccessivo indebitamento dell’Italia nei confronti della Cina, nonché di interferenze nella governance domestica. Alcuni settori dell’opinione pubblica hanno espresso delusione per la marginalità del ruolo di alcune regioni del Meridione d’Italia nel quadro degli accordi e delle trattative concluse con Pechino.
Nel complesso, il dibattito ha posto in risalto fattori di rilevanza strettamente domestica e attivi sul breve periodo. Di volta in volta la discussione pubblica sulla Nuova Via della Seta si è concentrata su sé stessa, subendo brusche virate, prima di focalizzarsi sull’attimo in cui i due Presidenti avrebbero apposto le proprie firme in calce al Memorandum di Intesa. Senza osare uno sguardo molto in là nel futuro, né voltarsi indietro verso il passato.
Queste sono solo alcune caratteristiche di un dibattito obiettivamente molto articolato e complesso, che meriterebbe uno studio attento. Le particolarità della querelle sulla Nuova Via della Seta però non vanno confuse con la strategia del “sistema Italia” verso la Cina.
Per la Repubblica Popolare cinese la Nuova Via della Seta è una politica di respiro globale, che si gioca sul lungo periodo. Rispetto alla Nuova Via della Seta, l’Italia si muove su di un piano multilaterale, entro una prospettiva di lungo periodo.La Via della Seta prima della Via della SetaL’adesione dell’Italia alla Nuova Via della Seta si è sommata agli storici rapporti di cooperazione con i partner Europei e di Oltreoceano. Allo stesso modo, la firma del Memorandum di Intesa va collocata in un tessuto di rapporti commerciali, politici e culturali, pazientemente ordito dal nostro paese fin dagli anni ‘70. La firma del Memorandum di Intesa appare come un passo coerente con uno dei percorsi che l’Italia scelse di intraprendere quarant’anni fa, cui hanno contribuito tutti i governi succedutisi dal 1978, seppur in misura e con orientamenti diversi.
Tra la fine degli anni ‘70 e i primissimi anni ‘80 lo scetticismo circa la continuità e il potenziale della Politica di Apertura e Riforma (gaige kaifang 改革开放) erano molto diffusi. L’incredulità nei confronti delle riforme lanciate da Deng Xiaoping era causata dai bruschi cambiamenti di direzione che la politica interna cinese aveva subito fin dal 1949. A scommettere sul reciproco potenziale dei rapporti con la Cina erano in pochi. L’Italia scelse di riconoscere la Repubblica Popolare Cinese nel 1970, alla vigilia di quel riavvicinamento sino-americano che avrebbe permesso di lì a poco alla Cina di entrare nelle Nazioni Unite. Già negli anni seguenti si erano sviluppati contatti per scambi commerciali e culturali.
Nel 1978 il quarto governo Andreotti aveva scelto di avviare rapporti di collaborazione scientifica, tecnica e culturale tra i due paesi. Due anni dopo, nel 1980, il nostro Presidente Sandro Pertini si recava in visita ufficiale a Pechino, dove incontrava Deng Xiaoping.In continuità con il passatoL’avvio dei rapporti di collaborazione tra Italia e Cina ha, giorno dopo giorno, prodotto cambiamenti nelle nostre città, che gli sguardi più acuti non hanno mancato di notare. Il grande pubblico ha acquisito consapevolezza del ruolo della Cina solo negli ultimi anni, quando l’intensificazione dei flussi di investimento, commerciali e turistici ha dato al cambiamento dimensioni maggiormente visibili.
Ma già trent’anni fa, sia nelle città del Nord che nei capoluoghi del Sud, chi conduceva attività produttive, commerciali, o forniva consulenze professionali era consapevole del ruolo che la Cina si apprestava a svolgere. Né poteva dirsi all’oscuro degli eventi talvolta tragici che hanno punteggiato la storia più recente della Repubblica Popolare.
Cos’è cambiato, dunque, con l’ingresso dell’Italia nella Nuova Via della Seta?
Il Memorandum di Intesa non ha un valore giuridicamente vincolante. La firma del Memorandum si rivela piuttosto come l’atto posto a chiosa, e a continuazione, di una fittissima serie di accordi vincolanti, che il nostro paese ha concluso con la Cina fin da prima del lancio dell’iniziativa della Nuova Via della Seta.
Anche qui, la continuità sul lungo periodo è innegabile. L’Iniziativa della Nuova Via della Seta è stata annunciata nel 2013 dal Segretario Generale del Partito Comunista Cinese Xi Jinping durante una visita ufficiale in Kazakistan. In poco meno di cinque anni, l’iniziativa ha visto l’adesione di circa 68 paesi e territori. Ma, ancor prima che l’Italia compisse l’atto formale di adesione alla Nuova Via della Seta, tra i due paesi esisteva un trattato bilaterale di investimento.
Il trattato è stato stipulato nel 1985, ed è entrato in vigore nel 1987. Il trattato è il vero fondamento dell’adesione dell’Italia alla Nuova Via della Seta. In assenza del trattato, il nostro paese non avrebbe potuto godere dello scambio commerciale, accademico, culturale e artistico con la Cina. La firma di un trattato bilaterale di investimento nel 1985 non ha precluso l’esistenza di rapporti tra l’Italia e altri paesi. Il trattato del 1985, infatti, è solo uno tra i 179 trattati bilaterali o multilaterali di investimento e/o libero scambio stipulati dall’Italia, o di cui l’Italia è parte in qualità di Membro dell’Unione Europea.
I trattati bilaterali di investimento e di libero scambio hanno l’effetto concreto di “eliminare” qualsiasi tipo di frontiera, muro, limite o confine tra due paesi. Permettono alle aziende di entrambi i paesi di commerciare e di investire liberamente nei reciproci territori, ricevendo parità di trattamento. La finalità del trattato del 1987 infatti è incoraggiare, promuovere, e proteggere gli investimenti delle aziende cinesi in Italia, e delle aziende italiane in Cina. Il trattato del 1987 stabilisce la piena uguaglianza di trattamento degli imprenditori italiani e cinesi, siano essi imprenditori privati, fondi di investimento della Repubblica Popolare Cinese, o anche imprese multinazionali di proprietà privata o dello Stato.
Quindi, con il trattato l’Italia si è impegnata a trattare gli investitori individuali o le imprese cinesi che intendono investire in Italia allo stesso modo degli investitori individuali o le imprese italiane, applicando le medesime norme di legge tanto ai soggetti cinesi quanto ai soggetti italiani. La Cina ha assunto un impegno analogo riguardo gli investitori italiani, impegnandosi a trattare gli investitori e le imprese italiane secondo le norme di legge vigenti per gli investitori e le imprese cinesi.
Il trattato, e la successiva adesione alla Nuova Via della Seta, non pregiudicano la protezione dei settori considerati strategici per l’economia nazionale italiana, e per quella cinese. In ogni caso, l’Italia mantiene il potere sovrano di poter decidere, in piena libertà, come proteggere i settori realmente strategici per la nostra sicurezza nazionale. A dimostrazione di ciò, proprio durante la visita di Xi Jinping il Presidente Mattarella firmava un decreto che aumentava i poteri di salvaguardia da utilizzare a difesa di asset strategici per l’interesse nazionale.Italia e Cina: partner strategici dal 2004L’esistenza di rapporti di investimento che vanno avanti dal 1987 ha permesso la formazione di un partenariato strategico tra Italia e Cina. Il partenariato è stato concluso nel 2004, nove anni prima che il Segretario Generale del Partito Comunista Cinese Xi Jinping lanciasse l’iniziativa della Nuova Via della Seta.
Lo strumento principale del partenariato strategico è il Comitato Governativo Italia-Cina. Il Comitato è presieduto dai Ministri degli Esteri del governo italiano e cinese, e ha finora tenuto ben nove riunioni. Il Partenariato Strategico è solo uno degli strumenti che l’Italia può scegliere di utilizzare per portare un contributo nazionale alla Nuova Via della Seta. Infatti, in seno al Comitato è possibile avviare tutta una serie di piani e programmi di cooperazione, coerenti con gli obiettivi della Nuova Via della Seta. L’Italia ha utilizzato queste opportunità. A titolo di esempio, cito solo alcuni degli accordi e dei piani finora varati dal Comitato:il Piano d’Azione per il rafforzamento della cooperazione economica, commerciale, culturale e scientifico-tecnologica tra Italia e Cina 2017-2020;
il Programma Esecutivo di Cooperazione Scientifica e Tecnologica tra Italia e Cina 2016 – 2018;
la Strategia Italiana in Cina per la Scienza e la Tecnologia;
i finanziamenti alla ricerca collaborativanel quadro del Protocollo di Intesa tra il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) e la Federazione Nazionale Cinese per le Scienze Naturali (NSCF).Fin dal 2004, il Partenariato Strategico ha anticipato alcune delle tematiche che sarebbero balzate agli occhi del grande pubblico solo nel marzo del 2019.
In primo luogo, il nostro paese ha preso l’impegno di coordinare le proprie politiche di governo con le politiche del governo cinese già 15 anni fa. Il coordinamento coinvolge i settori aeronautico e aerospaziale, infrastrutturale e dei trasporti, dell’energia, dell’agricoltura, della sanità, della tutela ambientale, dell’informazione, e dell’innovazione.
In secondo luogo, l’impegno dell’Italia a rimuovere le barriere tariffarie e non tariffarie agli investimenti diretti cinesi in Italia, e all’importazione di merci cinesi ha ormai tre lustri.
In terzo luogo, la scelta del nostro paese di intensificare la cooperazione per la realizzazione di una rete di trasporto trans-europea (TEN-T), e incrementare i flussi turistici in ingresso, gli scambi culturali e scientifici, e i trasferimenti di tecnologia è stata compiuta ben prima del marzo 2019. Compiere una scelta non necessariamente implica la sua attuazione concreta, ma pone le fondamenta per una futura azione.Le istituzioni finanziarie internazionali lungo la Nuova Via della SetaRealizzare la visione della Nuova Via della Seta richiede ingenti risorse finanziarie. Per reperire i capitali necessari ad attuare i progetti infrastrutturali, ma anche le iniziative volte a favorire una più stretta integrazione tra popoli, Pechino ha creato tre nuove istituzioni finanziarie internazionali: il Fondo per la Via della Seta, la Banca Asiatica per gli Investimenti in Infrastrutture e il Consorzio Interbancario dell’Associazione per la Cooperazione di Shanghai.
Di queste istituzioni, e del ruolo che l’Italia gioca in esse, si è parlato poco durante la querellesul Memorandum di Intesa.L’Italia non partecipa al Fondo per la Via della Seta, poiché questo fondo di investimento è controllato interamente dalla Repubblica Popolare Cinese. Né il nostro paese è coinvolto nell’Associazione per la Cooperazione di Shanghai, poiché la cosiddetta SCO è un’organizzazione regionale, che comprende laCina, il Kazakistan, il Kirghizistan, la Russia, il Tajikistan, l’Uzbekistan, il Pakistan e l’India. Il suo Consorzio Interbancario è un’organizzazione nata per finanziare i progetti infrastrutturali realizzati dagli stati membri.
Invece, l’Italia è tra i membri della Banca Asiatica per gli Investimenti in Infrastrutture (BAII). La BAII è un’istituzione finanziaria multilaterale con sede a Pechino, composta da 68 Stati membri effettivi, e fondata nel gennaio del 2016. Si tratta di un’istituzione che finanzia progetti solo nei settori rurali, dell’energia, della protezione ambientale, dei trasporti e delle telecomunicazioni, delle risorse idriche, dello sviluppo urbano e della logistica.
Essa è partner della Banca Mondiale, e ha concluso accordi di cooperazione con istituzioni bancarie regionali nei continenti asiatico, africano, americano ed europeo. Quindi è un’istituzione finanziaria internazionale profondamente inserita nel sistema della finanza globale, e tenuta a giocare in base alla regolamentazione internazionale.
Cosa meno nota al grande pubblico, la maggior parte dei finanziamenti della BAII è rivolta ai progetti infrastrutturali realizzati nei Paesi asiatici. Solo il 15% può essere investito in progetti aventi luogo in Europa. Anche su questo tipo di investimenti esistono regole precise, che vogliono che i progetti infrastrutturali agevolino il commercio e la connettività con i Paesi asiatici, ad esempio mediante la costruzione di porti, impianti elettrici, gasdotti, oleodotti, ecc.
La BAII è governata da uno Statuto autonomo (Articles of Agreement) e da un quadro normativo interno. Lo Statuto è un trattato internazionale, che consente alla BAII di operare nel quadro del diritto internazionale, ma anche delle norme di soft law. Il quadro normativo interno della BAII è in gran parte pubblico.
Il nostro paese è diventato membro della BAII nel 2016, tre anni prima della firma del Memorandum di Intesa. Il versamento dei contribuenti italiani alla BAII ammonta a una quota in conto capitale per 2.571.800.000 dollari statunitensi. Questa quota di capitale però è stata effettivamente versata solo per il suo 20%,1) benché per il periodo 2016–2019 fosse stato previsto un onere complessivo di 515 milioni.2)
L’Italia ha acquisito solo il 2,50% dei voti presso il Consiglio di Amministrazione della BAII. Questa quota di voti è inferiore alle quote detenute dalla Germania (4,19%), Francia (3,21%), ma superiore alle quote detenute dagli altri membri dell’Unione Europea. La maggioranza dei voti presso la BAII è detenuto dalla Cina, con il 26,58%. In seconda posizione si colloca l’India, con il 7,63%, e in terza la Russia, con il 6,01% dei voti.
Il nostro paese può ottenere solo il 15 % del totale dei finanziamenti concessi dalla BAII. Questi fondi però sono da dividere con gli altri 23 membri Europei della BAII, così come deciso in base al potere di voto dei singoli Stati. Eventuali finanziamenti ottenuti dalla BAII devono essere utilizzati dalle imprese del nostro Paese per compiere investimenti infrastrutturali in Asia. Gli investimenti in Europa sono possibili solo se agevolano il commercio con altri paesi della Nuova Via della Seta, o se migliorano i collegamenti tra le rispettive infrastrutture fisiche e digitali.
Date le quote possedute dall’Italia, e le condizioni a cui possono essere concessi prestiti, la tanto paventata “trappola del debito” sembra essere molto lontana.Conclusione: Dati, dati, datiI timori del grande pubblico, però, non si sono concentrati sugli investimenti diretti cinesi e sui meccanismi finanziari della Nuova Via della Seta – tematiche oscure ai più. Gli scenari più pessimisti sollevati dal grande pubblico hanno paventato, analogamente ad alcune delle vedute espresse durante il dibattito domestico, un forte disavanzo delle esportazioni italiane verso la Cina.
Avere dati precisi circa i flussi di import-export tra Italia e Cina è piuttosto complesso, ma è certo che l’Italia importi dalla Cina più di quanto le nostre imprese non riescano a vendere nel gigante asiatico. O almeno tale era lo stato di cose fino a prima della firma del Memorandum di Intesa. Da mettere in conto è l’esistenza di differenze obiettive tra le dimensioni del sistema economico italiano, e quelle dell’economia cinese, ormai seconda economia del mondo.
In mancanza di dati accessibili al pubblico, completi, disaggregati per anno, regione e comparto dell’economia, un’analisi esaustiva dei flussi di investimento e di import-export non è possibile. Né è possibile formulare previsioni attendibili sull’andamento futuro dei flussi di investimento. Però è pur sempre possibile prevedere un’ulteriore intensificazione e una crescita dei rapporti instaurati 40 anni fa, nonché dei benefici che il “sistema Italia” continuerà a godere.
In definitiva, la via che ha condotto alla firma del Memorandum di Intesa è stato costruita nel tempo, passo dopo passo, da tutti gli uomini e le donne che hanno fatto la storia delle relazioni tra Italia e Cina. Se il Memorandum di Intesa invia un segnale univoco, esso indica la volontà del nostro Paese, e della Cina, di proseguire nelle relazioni che ormai mantengono da quarant’anni.Immagine: Pertini e Deng Xiaoping nel 1980Laureata in Scienze Politiche all’Università di Napoli l’Orientale e dottorata presso l’Università La Sapienza, Flora Sapio è esperta in politica, istituzioni e diritto della Cina contemporanea, ed ha condotto ricerche in Cina e a Hong Kong. I quattro libri di cui è autrice o curatrice sono apparsi per i tipi di Brill, Edward Elgar, Routledge e Cambridge University Press. I suoi commenti ed articoli di opinione sulla Cina, la responsabilità sociale di impresa, e le differenze tra il sistema istituzionale della Cina ed il Castro-Marxismo dei Caraibi sono disponibili su Law at the End of the Day, nonché sui blog di università britanniche ed australiane.
1. Aticolo 3, LEGGE 22 giugno 2016, n. 110 Ratifica ed esecuzione dell’Accordo istitutivo della Banca Asiatica per gli Investimenti in Infrastrutture, con Allegati, fatto a Pechino il 29 giugno 2015. (16G00122) (GU n.145 del 23-6-2016).2. Articolo 4, LEGGE 22/2016, cit.
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The Family Quarrel About Italy in the New Silk Road: A Chronicle of an Agreement Announced ... 40 years ago
Flora Sapio:
The visits to Italy of high political personalities of the People's Republic of China are nothing new. Without wanting to recall the long history of trade relations between Italy and China, the most recent history sees the two countries closely linked for about forty years. In April 1978 the then European Economic Community signed its first agreement with the People's Republic of China. After a few months, Italy concluded its own cultural agreement with China.
After the visits of Hua Guofeng in 1979 and Zhao Ziyang in 1984, in 1987 Li Xiannian - then a member of the Central Committee of the Chinese Communist Party - visited Venice, where he admired the home of Marco Polo. The visit was carried out in conjunction with the entry into force of the bilateral investment treaty between Italy and China (BIT) concluded two years earlier. This visit was followed by visits by Jiang Zemin and Hu Jintao - both general secretaries of the Party and Presidents of the People's Republic of China - who oversaw the conclusion of a series of agreements aimed at increasing trade and investment between the two countries.
Nevertheless the visits of Li Xiannian, Jiang Zemin and Hu Jintao did not cause as much of a stir when compared to that caused by the visit of President Xi Jinping, held in Rome and Palermo from 21 to 26 March [2019]. Xi's visit attracted an unprecedented amount and variety of comments, editorials, interviews, analyzes and pieces of opinion.
The immediate cause for the emergence of a public debate on relations between Italy and China was provided by the formal entry of our country into the New Silk Road, memorialized by the signing of a Memorandum of Understanding [between the two states with respect to BRI].
Presenting a detailed overview of each of the opinions and analyzes on Italy's accession to the One Road one Belt (OBOR [or BRI]) is a difficult task, and this is not the occasion to do so. But it does not seem an exaggeration to say that a real controversy was unleashed on the signing of the Memorandum of Understanding.
The positions of those who underlined the objectively advantageous aspects of the Italian adhesion to the New Silk Road have been opposed by fears, skepticisms and uncertainties. More important than the specific positions expressed during the debate was the emergence of divergent [ideological] orientations. Defining these orientations on the basis of the categories "pro-China" or "anti-China" is not correct in a socio-political scenario such as the Italian one, where the existence of sometimes specular opinions does not play the same function that can be found in other socio- politicians.
The most optimistic views and scenarios have highlighted how Italy's adherence to the New Silk Road will further open the world's second largest export market to Italy, also providing an opportunity for new academic, cultural and artistic exchanges. The most skeptical positions have fueled fears of trade imbalances, and of potential and excessive indebtedness of Italy towards China, as well as of [Chinese] interference in [Italian] domestic governance. Some sectors of public opinion have expressed disappointment at the marginality of the role of some regions of the South of Italy in the framework of agreements and negotiations concluded with Beijing.
Overall, the debate highlighted factors that are strictly domestic and dynamic in the short term. From time to time the public discussion on the New Silk Road has focused on itself, undergoing sharp turns, before focusing on the moment in which the two Presidents would have affixed their signatures at the end of the Memorandum of Understanding document. Without daring to look very far into the future, nor look back at the past.
These are just some of the features of an objectively very articulated and complex debate, which deserves careful study. The peculiarities of the controversy on the New Silk Road, however, should not be confused with the strategy of the "Italian system" towards China.
For the People's Republic of China, the New Silk Road is a global policy, which is played over the long term. Compared to the New Silk Road, Italy moves on a multilateral level, within a long-term perspective [of its own].
The Silk Road before the Silk RoadItaly's accession to the New Silk Road added another layer to the historic cooperation relations with European and overseas partners. Similarly, the signing of the Memorandum of Understanding must be placed in a fabric of commercial, political and cultural relations, patiently woven by our country since the 1970s. The signing of the Memorandum of Understanding appears as a step consistent with one of the paths that Italy chose to undertake forty years ago, to which all the governments that have succeeded since 1978 have contributed, albeit to different extents and with different orientations.Between the late 1970s and the early 1980s skepticism about the continuity and potential of [China’s] Opening and Reform Policy (gaige kaifang 改革 开放) was widespread [in Italy]. The incredulity towards the reforms launched by Deng Xiaoping was caused by the abrupt changes of direction that Chinese domestic politics had undergone since 1949. Few people bet on the mutual potential of relations with China. Italy chose to recognize the People's Republic of China in 1970, on the eve of that Sino-American rapprochement that would allow China to enter the United Nations shortly thereafter. Already in the following years, contacts for commercial and cultural exchanges had developed.In 1978 the fourth Andreotti government had chosen to initiate relations of scientific, technical and cultural collaboration between the two countries. Two years later, in 1980, our President Sandro Pertini paid an official visit to Beijing, where he met Deng Xiaoping.In continuity with the past
The start of collaborative relations between Italy and China has, over time, produced changes in our cities, which one cannot fail to notice. The general public has become aware of China's role only in recent years, when the intensification of investment, commercial and tourist flows has given the change more visible dimensions.
But already thirty years ago, both in the cities of the North and in the capitals of the South, those who carried out productive and commercial activities or provided professional advice were aware of the role that China was preparing to play. Nor were they unaware of the sometimes tragic events that punctuated the most recent history of the People's Republic.
So what has changed with the entry of Italy into the New Silk Road?
The Memorandum of Understanding has no legally binding value. The signing of the Memorandum turns out to be rather the act of a commentary and a continuation of a dense series of binding agreements, which our country has concluded with China since before the launch of the New Silk Road initiative.
Here too, continuity over the long term is undeniable. The New Silk Road Initiative was announced in 2013 by the General Secretary of the Chinese Communist Party Xi Jinping during an official visit to Kazakhstan. In less than five years, the initiative has seen the participation of some 68 countries and territories. But, even before Italy completed the formal act of joining the New Silk Road, a bilateral investment treaty existed between the two countries.
The treaty was signed in 1985, and entered into force in 1987. The treaty is the real foundation of Italy's adhesion to the New Silk Road. In the absence of the treaty, our country could not have enjoyed the commercial, academic, cultural and artistic exchange with China. The signing of a bilateral investment treaty in 1985 did not preclude the existence of relations between Italy and other countries. The 1985 treaty, in fact, is only one of the 179 bilateral or multilateral investment and / or free trade treaties entered into by Italy, or of which Italy is part as a Member of the European Union.
Bilateral investment and free trade treaties have the concrete effect of "eliminating" any type of border, wall, boundary or border between two countries. They allow companies from both countries to trade and invest freely in each other's territories, receiving equal treatment. The purpose of the 1987 treaty is indeed to encourage, promote, and protect the investments of Chinese companies in Italy, and of Italian companies in China. The 1987 treaty establishes the full equality of treatment of Italian and Chinese entrepreneurs, be they private entrepreneurs, investment funds of the People's Republic of China, or even privately owned or state-owned multinational companies.
Therefore, with the treaty, Italy committed itself to treating individual investors or Chinese companies that intend to invest in Italy in the same way as individual investors or Italian companies, applying the same laws to both Chinese subjects and Italian subjects . China has made a similar commitment to Italian investors, pledging to treat Italian investors and companies according to the laws in force for Chinese investors and companies.
The treaty, and the subsequent adhesion to the New Silk Road, do not affect the protection of sectors considered strategic for the Italian national economy, and for the Chinese one. In any case, Italy maintains the sovereign power to be able to decide, in full freedom, how to protect the truly strategic sectors for our national security. To demonstrate this, during the visit of Xi Jinping President Mattarella signed a decree that increased the safeguarding powers to be used to defend strategic assets for the national interest.
-->Italy and China: Strategic Partners Since 2004The existence of investment relationships that have been ongoing since 1987 has allowed the formation of a strategic partnership between Italy and China. The partnership was concluded in 2004, nine years before the Chinese Communist Party Secretary General Xi Jinping launched the New Silk Road initiative.
The main instrument of the strategic partnership is the Italy-China Government Committee. The Committee is chaired by the Foreign Ministers of the Italian and Chinese government, and has so far held nine meetings. The Strategic Partnership is just one of the tools that Italy can choose to use to bring a national contribution to the New Silk Road. Indeed, within the Committee it is possible to launch a whole series of cooperation plans and programs, consistent with the objectives of the New Silk Road. Italy has used these opportunities. As an example, I quote only some of the agreements and plans so far launched by the Committee:
the Action Plan for strengthening economic, commercial, cultural and scientific-technological cooperation between Italy and China 2017-2020;
the Executive Program of Scientific and Technological Cooperation between Italy and China 2016 - 2018;
the Italian Strategy for Science and Technology in China;
funding for collaborative research in the framework of the Memorandum of Understanding between the Ministry of Foreign Affairs and International Cooperation (MAECI) and the Chinese National Federation for Natural Sciences (NSCF).
Since 2004, the Strategic Partnership has anticipated some of the issues that would have become matters of public passion only in March 2019.
First, our country has made a commitment to coordinate its governmental policies with the policies of the Chinese government 15 years ago. Coordination involves the aeronautical and aerospace, infrastructure and transport, energy, agriculture, health, environmental protection, information, and innovation sectors.
Secondly, Italy's commitment to remove tariff and non-tariff barriers to Chinese direct investments in Italy, and to the importation of Chinese goods is now three decades old.
Thirdly, our country's decision to intensify cooperation for the construction of a trans-European transport network (TEN-T), and to increase incoming tourist flows, cultural and scientific exchanges, and technology transfers was completed well before March 2019. Making a choice does not necessarily imply its concrete implementation, but lays the foundation for future action.International financial institutions along the New Silk RoadRealizing the vision of the New Silk Road requires huge financial resources. To find the capital needed to implement infrastructure projects, but also initiatives to promote closer integration between peoples, Beijing has created three new international financial institutions: the Silk Road Fund, the Asian Infrastructure Investment Bank and the Inter-bank Consortium of the Shanghai Cooperation Association.Of these institutions, and of the role that Italy plays in them, little has been said during the course of the formation of the Memorandum of Understanding.Italy does not participate in the Silk Road Fund, as this investment fund is controlled entirely by the People's Republic of China. Nor is our country involved in the Shanghai Cooperation Association, as the so-called SCO is a regional organization, which includes China, Kazakhstan, Kyrgyzstan, Russia, Tajikistan, Uzbekistan, Pakistan and India. Its Interbank Consortium is an organization created to finance infrastructure projects implemented by member states.Instead, Italy is among the members of the Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB). The AIIB is a multilateral financial institution based in Beijing, composed of 68 effective Member States, and founded in January 2016. It is an institution that finances projects only in the rural sectors, energy, environmental protection, the transport and telecommunications, water resources, urban development and logistics.It is a partner of the World Bank, and has concluded cooperation agreements with regional banking institutions on the Asian, African, American and European continents. It is therefore an international financial institution that is deeply embedded in the global finance system and is required to play on the basis of international regulation.Less known to the general public, most AIIB funding is aimed at infrastructure projects implemented in Asian countries. Only 15% can be invested in projects sited in Europe. Even on this type of investment there are precise rules, which require that infrastructure projects facilitate trade and connectivity with Asian countries, for example through the construction of ports, electrical systems, gas pipelines, oil pipelines, etc.The AIIB is governed by an autonomous Statute (Articles of Agreement) and by an internal regulatory framework. The Statute is an international treaty, which allows the AIIB to operate within the framework of international law, but also of the soft law norms. The internal regulatory framework of the AIIB is largely transparent.Our country became a member of AIIB in 2016, three years before the Memorandum of Understanding was signed. The payment of Italian taxpayers to the BAII amounts to a capital share for 2,571,800,000 US dollars. However, this share of capital was actually paid only for its 20%, 1) although for the 2016-2019 period a total charge of 515 million had been foreseen.2)Italy acquired only 2.50% of the votes at the AIIB Board of Directors. This share of votes is lower than the shares held by Germany (4.19%), and France (3.21%), but higher than the shares held by other members of the European Union. The majority of AIIB votes is held by China, with 26.58%. In second place is India, with 7.63%, and in third place Russia, with 6.01% of the votes.Our country can get only 15% of the total funding granted by the AIIB. These funds, however, are to be shared with the other 23 BAII European members, as decided based on the voting power of the individual states. Any funding obtained from the BAII must be used by companies in our country to make infrastructure investments in Asia. Investments in Europe are possible only if they facilitate trade with other countries of the New Silk Road, or if the connections between the respective physical and digital infrastructures improve.Given the shares held by Italy, and the conditions under which loans can be granted, the much-feared "debt trap" seems at the moment to be a distant possibility.Conclusion: Data, data, data
The fears of the general public, however, did not focus on Chinese direct investments and the financial mechanisms of the New Silk Road - obscure issues for most people. The most pessimistic scenarios raised by the general public mirrored some of the views expressed during the domestic debate, centering on the potential for a large deficit in Italian exports to China.
Having accurate data on import-export flows between Italy and China is rather complex, but it is certain that Italy imports more from China than our companies can sell in the Asian giant. Or at least that was the state of affairs until before the signing of the Memorandum of Understanding. To be taken into account is the existence of objective differences between the dimensions of the Italian economic system, and those of the Chinese economy, now the world's second largest economy.
In the absence of data accessible to the public, complete, broken down by year, region and sector of the economy, an exhaustive analysis of investment flows and import-export is not possible. Nor is it possible to make reliable forecasts on the future trend of investment flows. But it is still possible to foresee a further intensification and growth of the relationships established 40 years ago, as well as the benefits that the "Italian system" will continue to enjoy.
Ultimately, the path that led to the signing of the Memorandum of Understanding was built over time, step by step, by all the men and women who made the history of relations between Italy and China. If the Memorandum of Understanding sends a univocal signal, it indicates the will of our country, and of China, to continue in the relations that by now have been maintaining for forty years.Sapio, La Querelle on Italy in the New Silk Road PDF
Image: Pertini and Deng Xiaoping in 1980
With a degree in Political Science from the University of Naples, the Oriental and a PhD from La Sapienza University, Flora Sapio is an expert in politics, institutions and contemporary Chinese law, and has conducted research in China and Hong Kong. The four books of which she is the author or curator have been published by Brill, Edward Elgar, Routledge and Cambridge University Press. Her comments and opinion articles on China, corporate social responsibility, and the differences between China's institutional system and the Castro-Marxism of the Caribbean are available on Law at the End of the Day, as well as on the blogs of British universities and Australia.
1. ↑ Article 3, LAW 22 June 2016, n. 110 Ratification and execution of the Establishment Agreement of the Asian Bank for Investments in Infrastructures, with Attachments, done in Beijing on June 29, 2015. (16G00122) (GU n.145 dated 23-6-2016).
2. 4 Article 4, LAW 22/2016, cit.
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